Dalla lettera enciclica del Sommo Pontefice Pio XI “Miserentissimus Redemptor” sull’Atto di Riparazione al Sacratissimo Cuore di Gesù.
[…] Se non che a tutti questi ossequi, e particolarmente alla tanto fruttuosa consacrazione, che mediante l’istituzione della festa di Cristo Re venne, a dir così, riconfermata, conviene che se ne aggiunga un altro di cui, Venerabili Fratelli, Ci è caro al presente intrattenervi alquanto più a lungo: l’atto cioè di espiazione o riparazione, come suol dirsi, da prestarsi al Cuore Sacratissimo di Gesù. Infatti, se nella consacrazione primeggia l’intento di ricambiare l’amore del Creatore con l’amore della creatura, ne segue naturalmente un altro, che dello stesso Amore increato, quando sia o per dimenticanza trascurato o per offesa amareggiato, si debbano risarcire gli oltraggi in qualsiasi modo recatigli; il qual dovere comunemente chiamiamo col nome di riparazione.
Se all’uno e all’altro dovere siamo obbligati per le stesse ragioni, al debito particolarmente della riparazione siamo tenuti da un più potente motivo di giustizia e di amore: di giustizia, per espiare l’offesa recata a Dio con le nostre colpe e ristabilire, con la penitenza, l’ordine violato; di amore, per patire insieme con Cristo paziente e «saturato di obbrobri» e recargli, secondo la nostra pochezza, qualche conforto. Infatti, essendo noi tutti peccatori e gravati da molte colpe, dobbiamo onorare il nostro Dio, non solo con il culto col quale adoriamo coi dovuti ossequi la somma sua Maestà, o mediante la preghiera riconosciamo il suo supremo dominio, o con i ringraziamenti lodiamo la sua generosità infinita; ma inoltre è necessario che diamo soddisfazione alla giusta vendetta di Dio, «per gli innumerevoli peccati e offese e negligenze» nostre. Dunque, alla consacrazione con la quale ci offriamo a Dio e diventiamo sacri a Lui, per quella santità e stabilità che sono proprie della consacrazione, come insegna l’Angelico, si deve aggiungere l’espiazione, con cui estinguere del tutto le colpe, a meno che la santità della somma giustizia rigetti la nostra proterva indegnità, e anziché gradire il nostro dono, lo rifiuti piuttosto come sgradito.
[…] Nel manifestarsi a Margherita Maria [Alacoque], Cristo, mentre insisteva sull’immensità del proprio amore, al tempo stesso, in atteggiamento addolorato, si lamentò dei tanti e tanto gravi oltraggi a sé fatti dall’ingratitudine degli uomini, con queste parole, che dovrebbero sempre essere colpite nel cuore delle anime buone né mai cancellarsi dalla memoria: «Ecco — disse — quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e li ha ricolmati di tutti i benefìci, ma in cambio del suo amore infinito, anziché trovare gratitudine, incontrò invece dimenticanza, indifferenza, oltraggi, e questi arrecatigli talora anche da anime a lui obbligate con il più stretto debito di speciale amore». E appunto in riparazione di tali colpe Egli, tra molte altre raccomandazioni, fece queste specialmente come a sé graditissime: che i fedeli con tale intento di riparazione si accostassero alla sacra mensa — che si dice appunto «Comunione Riparatrice» — e per un’ora intera praticassero atti e preghiere di riparazione, il che con tutta verità si dice «Ora Santa»: devozioni, queste, che la Chiesa non solo ha approvato, ma ha pure arricchito di copiosi favori spirituali.
[…] E non è meno triste lo spettacolo, Venerabili Fratelli, che fra gli stessi fedeli, lavati col battesimo nel sangue dell’Agnello immacolato e arricchiti della grazia, anche si incontrino tanti, di ogni classe, che, ignoranti delle cose divine, avvelenati da false dottrine, vivono una vita viziosa, lontana dalla casa del Padre, senza la luce della vera fede, senza la gioia della speranza nella futura beatitudine, privi del beneficio e del conforto che deriva dall’ardore della carità, sicché davvero si può dire che siano immersi nelle tenebre, e nelle ombre di morte. Inoltre cresce tra i fedeli la noncuranza della disciplina ecclesiastica e dell’avita tradizione da cui è sorretta tutta la vita cristiana, è regolata la società domestica, è difesa la santità del matrimonio; l’educazione dei fanciulli è del tutto trascurata o guastata da troppo effeminate cure, e perfino tolta alla Chiesa la facoltà di educare cristianamente la gioventù; il pudore cristiano lacrimevolmente dimenticato nel modo di vivere e di vestire, delle donne soprattutto; una cupidigia insaziabile dei beni caduchi; un predominio sfrenato degli interessi civili; una ricerca bramosa di favore popolare; un disprezzo della legittima autorità e della parola di Dio, per cui è scossa la fede stessa o messa a grave repentaglio.
Ma al complesso di tanti mali si aggiungono l’ignavia e l’infingardaggine di coloro che, a somiglianza degli apostoli addormentati e fuggitivi, malfermi nella fede, abbandonano miseramente Cristo, oppresso dai dolori o assalito dai satelliti di Satana, e la perfidia di coloro che, seguendo l’esempio di Giuda traditore, o con sacrilega temerità si accostano alla Comunione o passano al campo nemico. E così corre alla mente, pur senza volerlo, il pensiero che già siano giunti i tempi profetizzati da Nostro Signore: «E poiché abbondò l’iniquità, si raffredderà la carità di molti». […]